Che cosa è il piede diabetico?

“Piede diabetico” è un termine che indica le problematiche cliniche che interessano il piede dei pazienti diabetici, legate alle due complicanze croniche del diabete che interessano gli arti inferiori: la neuropatia diabetica e la vasculopatia periferica.

Indice

La manifestazione più comune di questa patologia è l’ulcerazione del piede (definita comunemente ulcera diabetica). In realtà tutta una serie di altre condizioni cliniche, che vanno dalla secchezza cutanea fino ad arrivare a tipiche deformità delle dita o del piede, fanno parte del quadro clinico definito come “piede diabetico”. L’infezione rappresenta una complicanza sia delle lesioni di origine neuropatica sia di quelle di origine ischemica, e configura un terzo quadro che viene definito come “piede infetto“.

 

Come si manifesta il piede diabetico

Lo sviluppo di un piede diabetico è sempre preceduto da un lungo periodo di diabete mal curato o trascurato con glicemia costantemente elevata. In altri casi si manifesta in pazienti che non sapevano di essere diabetici: a volte il piede diabetico può essere la manifestazione clinica con cui si scopre un diabete non noto ma già di lunga durata.

Il piede diabetico è una condizione che si manifesta esclusivamente in quei pazienti che hanno già una complicanza cronica del diabete come la neuropatia e/o vasculopatia periferica

La neuropatia è responsabile di una ridotta sensibilità del piede. Per tale motivo il piede sarà più vulnerabile a condizioni esterne quali calzature troppo strette o temperature eccessive che si possono incontrare ad esempio in estate camminando a piedi nudi sulla sabbia. Inoltre la neuropatia sarà responsabile di una modalità diversa di cammino con la comparsa di iper-carichi plantari nella cui sede si sviluppano poi tipicamente le ulcere neuropatiche.

La vasculopatia periferica rende i piedi più vulnerabili a causa dell’insufficiente irrorazione di tutte le strutture del piede e soprattutto della pelle a causa del ridotto apporto di ossigeno. La cute diventa progressivamente più fragile e può così andare incontro ad ulcerazioni di difficile guarigione proprio a causa dell’insufficiente apporto di sangue.

A seconda della entità della neuropatia e o della vasculopatia si potrà definire un rischio ulcerativo nei singoli pazienti diabetici. Ogni singolo paziente diabetico dovrebbe essere a conoscenza del suo rischio ulcerativo per mettere in atto tutti i provvedimenti necessari ad evitare che compaiano le ulcere.

Come curare il piede diabetico

l percorso di cura, tranne alcuni elementi comuni, è differente quando l’ulcera è neuropatica, o quando l’ulcera è ischemica.

Cura dell’ulcera neuropatica

Le caratteristiche che la contraddistinguono sono le seguenti:

  • La localizzazione: sempre nelle aree di carico plantare. In questo caso è a livello della terza testa metatarsale.
  • L’ipercheratosi: la presenza di un orletto di ipercheratosi che circonda l’ulcera è indicative del fatto che l’ulcera si è sviluppata in un area in cui il sovraccarico plantare ha determinato inizialmente un callo (ipercheratosi). Proprio al di sotto della callosità, con il persistere dell’ipercarico si sviluppa l’ulcera.
  • Il fondo dell’ulcera: è sempre presente un tessuto rosso sanioso con scarsa tendenza al sanguinamento, perchè il tessuto di granulazione, necessario per i processi riparativi viene ad essere mortificato dalla persistenza dell’ipercarico. Per questo motivo l’ulcera, in assenza di idonei presidi necessari per scaricare il piede, tende a cronicizzare senza mostrare alcun segno di guarigione.
  • L’assenza di dolore: tipicamente le ulcere neuropatiche si sviluppano in pazienti diabetici con neuropatia periferica. In presenza di neuropatia le fibre nervosa deputate alla trasmissione del dolore sono coinvolte e quindi non più in grado di trasmettere il dolore. Il paziente della lesione non aveva alcun dolore dalla sua ulcera del piede.

Il trattamento della lesione presuppone l’utilizzo di presidi che permettano la riduzione dell’ipercarico plantare. Il sistema migliore per ridurre l’ipercarico plantare è il gambaletto gessato a contatto totale che, scaricando il carico della persona sulla gamba, riduce significativamente il carico esercitato sulla pianta del piede. Altri sistemi sono i tutori di scarico come l’Aricast o il Diabwalker, che utilizzano lo stesso principio del gambaletto gessato ma con sistemi rimovibili ed infine i sistemi di scarico come lo Stabil-d o la calzatura Teradiab che possono essere utilizzati quando il gambaletto gessato o i tutori sono controindicati.

Cura delle lesioni ischemiche

Nel caso del trattamento delle lesioni ischemiche, l’elemento centrale del trattamento è la possibilità di migliorare il flusso all’arto interessato dalla lesione per aumentare la quantità di sangue che arriva all’ulcera. In questo caso le terapie mediche con i farmaci sono assolutamente inefficaci per cui è necessario ricorrere agli interventi di “rivascolarizzazione”, interventi che permettono effettivamente di aumentare il flusso a livello del piede.

Gli interventi di rivascolarizzazione sono stati tradizionalmente rappresentati dagli interventi di by-pass, veri e propri interventi chirurgici in cui o le vene stesse del paziente o “tubi” artificiali vengono utilizzati per creare nuove strade che conducono il sangue fino al piede. Questa tipologia di intervento è estremamente difficile, implica interventi chirurgici molto lunghi, molto spesso troppo impegnativi da sopportare per i pazienti diabetici che frequentemente accanto ai problemi di arteriopatia periferica hanno anche altri problemi a carico del cuore (scompenso cardiaco), rene (insufficienza renale), etc.

In alternativa oggi ha preso piede una modalità di trattamento molto più facilmente attuabile: la rivascolarizzazione per via endoluminale. Questo tipo di rivascolarizzazione prevede l’accesso all’arteria femorale tramite un catetere che può raggiungere le parti più distali del piede. Questo catetere è munito di un palloncino in grado di dilatare le arterie dove ci sono i restringimenti (stenosi) permettendo così di ripristinare il flusso sanguigno.

L’avvento di questa metodica, definita angioplastica endoluminale, ha contribuito in maniera significativa a ridurre le amputazioni nei pazienti diabetici.

 

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